GLI STRUMENTI DEL MESTIERE: GPS (Aspetti di tecniche, liceità e limiti)
Come accennato in altri approfondimenti uno degli strumenti che l’investigatore maggiormente utilizza nello svolgimento della attività è il GPS.
Con GPS (acronimo di Global Positioning System) si intende un dispositivo elettronico che permette all’investigatore di seguire il soggetto indagato in tutti i suoi spostamenti. Viene solitamente installato su veicoli come auto, barche o motociclette. Tramite il rilevatore GPS si possono monitorare tutti gli spostamenti e, in particolare, le località raggiunte, le soste e i tempi di percorrenza come in un vero e proprio pedinamento.
Si tratta di uno strumento estremamente utile e funzionale allo svolgimento delle indagini che permette all’investigatore di monitorare gli spostamenti del soggetto anche a distanza, senza avere la necessità di mantenere sempre un contatto visivo. Ma quali sono i limiti di utilizzo di questo strumento?
Gli aspetti maggiormente dibattuti a livello giurisprudenziale sono due: il primo riguarda l’eventuale violazione della privacy, il secondo la validità in giudizio delle prove acquisite tramite GPS.
Riguardo alla presunta violazione della privacy è importante contestualizzare il panorama normativo in cui viene inserita la valutazione. In particolare l’uso del GPS nelle investigazioni è legittimato dal DM 269/10.
L’uso del GPS nelle investigazioni è normato dal DM n.269 del 1° dicembre 2010; all’art. 5, comma 2, è infatti espressamente previsto che “per lo svolgimento delle attività di cui ai punti da a.I) (attività di indagine in ambito privato); a.II) (attività di indagine in ambito aziendale); a.III) (attività d’indagine in ambito commerciale); a.IV) (attività di indagine in ambito assicurativo); i soggetti autorizzati possono, tra l’altro, svolgere, anche a mezzo di propri collaboratori segnalati ai sensi dell’art. 259 del Regolamento d’esecuzione TULPS, attività di osservazione statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di strumenti elettronici”.
E’ innegabile, quindi, che si tratti di uno strumento utilissimo nella conduzione delle indagini. Proprio questo punto di forza è, in realtà, anche il limite, che è da individuare nel fatto che il localizzatore viene solitamente installato nell’autovettura del soggetto target e permette di conoscere la posizione esatta del veicolo, e non del soggetto
Ecco allora che da un lato il GPS permette di ricostruire i tragitti, dall’altro, però, non indica chi è davvero alla guida dell’autoveicolo. Risulta quindi evidente che le prove acquisite con il GPS non hanno valore probatorio in giudizio se prese individualmente.
Le prove acquisite con GPS possono essere invece estremamente utili se inserite in un contesto probatorio con altre inconfutabili.
Un’altra valutazione interessante per il lettore è che il GPS permette di ottenere importanti vantaggi in particolare dal punto di vista operativo ed economico, sia per l’agenzia investigativa sia per il cliente, permettendo di acquisire con uno sforzo minimo una grande quantità di informazioni utili all’indagine.
In conclusione possiamo dire che il GPS è senza dubbio uno degli strumenti che ha cambiato in maniera più radicale il modo di svolgere l’attività di investigazione. Permette di acquisire una grande e importante mole di informazioni con sforzi relativamente bassi e permette di rendere mirati i servizi di osservazione statica e dinamica riuscendo ad ottimizzare la pianificazione dei servizi ed i relativi costi ma, come già accennato, non è utile come strumento fine a se stesso e deve essere inserito in un contesto probatorio più ampio ai fini giudiziali.