GLI STRUMENTI DEL MESTIERE: FOTO E VIDEO (Aspetti di tecniche, liceità e limiti)
Come ben noto uno degli strumenti che viene maggiormente impiegato nello svolgimento delle indagini da parte delle agenzie investigative sono le fotocamere o i telefoni cellulari. Può sembrare banale ma posso affermare per esperienza che si tratta degli strumenti grazie ai quali risolviamo la maggior parte dei casi che ci vengono affidati.
Col progredire della tecnologia l’acquisizione di materiale video e fotografico si è semplificato grazie alle fotocamere sempre più evolute, con zoom sempre migliori e anche grazie a strumenti innovativi impensabili fino a pochi anni fa, si pensi ai droni. Si tratta di strumentazione spesso molto costosa ma assolutamente indispensabile per lo svolgimento del lavoro.
A differenza di altri strumenti che impieghiamo nelle indagini non ha senso approfondire, in questo caso, la modalità di acquisizione del materiale; chiunque sa usare perfettamente una fotocamera o un cellulare (discorso diverso per i droni per i quali è necessario personale qualificato).
Molto interessante per il lettore è invece avere qualche informazione riguardo alla validità in giudizio delle prove foto e video acquisibili durante l’indagine.
La sottile linea che bisogna stare attenti a non superare nell’acquisizione di questo tipo di prove è quello della violazione della privacy. Le prove acquisite con una violazione, infatti, non solo non avranno validità in giudizio, ma espongono anche al rischio di querela il soggetto che le ha acquisite.
Tale linea è chiaramente descritta dall’articolo 615 bis del Codice Penale “Interferenze illecite nella vita privata” che prevede “Chiunque mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
In particolare l’articolo 614 prevede quanto di seguito: “Chiunque si introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.
E’ semplice dedurre da queste due previsioni normative che determinate condotte nello svolgimento delle indagini non sono giuridicamente approvate. L’idea, ad esempio, di introdurre una microcamera a casa del soggetto indagato per apprendere le abitudini dello stesso non è accettabile.
Assolutamente lecite sono, al contrario, tutte quelle prove acquisite in luoghi pubblici o in situazioni particolari in cui non vi è una reale privacy da tutelare.
Si pensi, ad esempio, a fotografie scattate al soggetto indagato insieme all’amante mentre passeggia per strada o in un ristorante: risulta evidente che non vi è alcuna violazione della privacy.
Altro caso assolutamente lecito è il caso di acquisizione di prove video o fotografiche di un luogo privato ma esposto e visibile da un luogo pubblico. Si pensi ad esempio alle prove acquisite dall’investigatore dalla strada scattando foto a una finestra dove si riescano a individuare i comportamenti illeciti del soggetto indagato; proprio come l’investigatore acquisisce le prove chiunque avrebbe potuto vedere la medesima scena e acquisire le medesime informazioni.
Posso affermare con certezza che in sessant’anni di storia abbiamo risolto la grande maggioranza dei casi che i clienti ci hanno affidato grazie all’acquisizione di prove foto e video e non abbiamo mai ricevuto contestazioni di alcun tipo in merito alla validità delle stesse.
Mi sento di dare un consiglio al lettore indirizzandolo ad affidarsi sempre a detective di esperienza, per lo svolgimento delle indagini in generale, e a maggior ragione per l’acquisizione di prove di questa tipologia in quanto il rischio potrebbe essere non solo quello di vedersi il materiale rifiutato dal giudice ma, addirittura, di ricevere una querela da parte della persona sorvegliata ai sensi degli articoli 614 e 615 bis del Codice Penale.